Mettiti alla prova
Qualche mese fa, davanti ad una tazza di buon the bevuto in una anomala e tranquilla rivendita di prodotti biologici, Andrea Adriatico mi raccontava del suo ultimo lavoro che si apprestava a completare. Un racconto appassionato, a volte denso di tangibile stupore sulle sorti di un dramma, l’AIDS, tema del documentario che si apprestava a ultimare. Un racconto che, anticipandomi alcune delle parti del documentario, evidenziava come l’argomento fosse ormai relegato ad una data da calendario come la giornata del cancro o la festa della donna, con un fiocco rosso invece delle arance o delle mimose e un baratro culturale tutto attorno.
Un racconto che mi ha lasciato la curiosità di vedere questo lavoro, curiosità soddisfatta ieri sera nella sala gremita, e riscaldata in modalità tropicale, della Cineteca di Bologna.
+o- Il sesso confuso Racconti di mondi nell’era dell’AIDS è un film documentario di Andrea Adriatico e Giulio Maria Corbelli che affronta il tema della “pandemia più spaventosa del nostro tempo” vista da dentro, raccontata da coloro che in diverse maniere l’hanno vissuta e la vivono sulla propria pelle.
Sviluppato su un arco temporale che parte dagli anni settanta per arrivare ai giorni nostri, è un percorso senza pause narrato dai protagonisti, l’AIDS filtrato dal vissuto delle persone, senza spazi per moralismi o elucubrazioni scientifiche; le uniche soste sono le riflessioni intime degli autori che dal parallelo delle loro vite esplorano il loro approccio interiore alla malattia.
+o- riporta alla ribalta ciò di cui ci siamo dimenticati ma che forse per buona parte non abbiamo mai saputo, ciò che ci è stato raccontato sempre come qualcosa che ci riguardava relativamente, da mettere sul conto di qualcun altro, un altro che doveva pagare un debito per un suo essere in un modo non consono ad un canone di vita televisivo.
Ma ciò che emerge da +o-, raccontato effettivamente, oltre che dagli addetti ai lavori, dalle categorie più note esposte alla malattia (tossicodipendenti e omosessuali) è la spaventosa inadeguatezza culturale in cui vengono mantenute le nuove generazioni e tutti coloro che, al di fuori delle categorie citate, arrivano a sentirsi immuni dall’AIDS; la realtà è invece un grave sommerso di persone infette ignare della loro condizione che non fanno altro che alimentare la diffusione del virus.
Due punti emergono forti da questo lavoro davvero notevole: il riportare in superficie il tema scremandolo delle false morali e trattandolo per quello che è ossia una malattia grave che nonostante i progressi terapeutici non è stata debellata; il secondo punto è riconfigurare culturalmente l’AIDS soprattutto sulle categorie che falsamente non si sentono a rischio, trasformando il test in una fase normale e periodica del proprio controllo sanitario.
Spostandomi sui temi cari a questo blog, ci sono un paio di cose su cui avrei posto più attenzione.
Il design grafico: l’intensità del lavoro è minata da un’impronta superficiale, dal colore all’uso del lettering, che non rende giustizia alla narrazione. Le transizioni usate nel montaggio, la tipologia e la molteplicità, peccano di scelte al limite del banale; scelte magari più sobrie avrebbero evitato la sensazione da effetto speciale ormai un po’ casalingo.
La presenza online: evitando di infierire sul sito (testi microscopici e formato dei video solo per citare i nei più macroscopici), c’è una latenza importante in rete. L’argomento, soprattutto per come è stato affrontato, aveva e ha moltissime possibilità di essere espanso on line aprendolo ai contributi della parte “abitata della rete”. Sarebbe stato sicuramente utile alla produzione per il lancio del lavoro e diventa molto importante ora per alimentare la discussione; tra l’altro, dalla voce degli autori, il materiale raccolto è enorme rispetto a quello che poi è andato a costituire il film documentario per cui sarebbero già disponibili molti contenuti sicuramente interessanti. Una pagina fan su Facebook dove aspettare i commenti forse è un approccio un po’ troppo esile on line per una tematica così importante, soprattutto nell’ottica di creare un’attenzione su di essa.
A monte di tutto rimane un lavoro esemplare di cui consiglio a tutti la visione. L’altro consiglio è nel titolo, con un test, indipendentemente dalla categoria di cui vi sentite parte.
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Tag:+o-, AIDS, andrea adriatico, cinema lumiere, cineteca di bologna, Giulio Maria Corbelli, il sesso confuso
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